Skip to main content
DSTRecensioni

Poche note sull’improvvisazione italiana: l’importanza del tema

27/06/2019
Poche note sull’improvvisazione italiana: l’importanza del tema

Primo Levi creò una connessione tra il suo lavoro di chimico e gli scritti di “Il sistema periodico”, un libro di racconti che incrocia i primi e tanti esperimenti di laboratorio della gioventù con la deportazione nazifascista in cui incappò e di cui se ne liberò solo grazie alle competenze di quel lavoro. Costituito in 21 passaggi con nomenclatura tratta dalla tavola periodica di Mendeleev, “Il sistema periodico” è lettura che ha sortito un corrispondente effetto musicale nelle esigenze espressive del duo di Alberto Collodel e Simone Di Benedetto, che hanno preso spunto da Levi per una narrazione musicale autonoma. Ciò si compie cercando di esplorare tutte le vertenze emotive che possono scaturire da un approccio artigianale degli strumenti, inviso tra la ricerca di un impianto melodico e una musicalità indotta da un sistema fisico della creazione dei suoni, del soffiare area in un clarinetto o strofinare corde in un certo modo, allo stesso modo con cui si cerca di riuscir bene nelle cose pratiche quotidiane (che sembra fosse una prerogativa dello scrittore torinese). Questo modo di intendere la musica, in cui la narrazione trae linfa anche da un approccio diretto e liberamente equilibrato sugli strumenti, fa del Il sistema periodico di Collodel e Di Benedetto un perfetto oggetto del saper stendere in musica una divagazione relazionale. Anche a prescindere da Levi, la voce colloquiale stabilita dal DST trascinerebbe nell’alveolo della descrittività aurale, nel possibile viaggio avventuroso frutto di una esposizione o di una situazione calibrata nella musica come un resoconto. Se per Alberto (che qui si dedica ai soli clarinetti) non è la prima volta che ne indico le qualità di eccellente ideatore di progetti e performer, di Di Benedetto ne scopro in questa sede le virtù e la bellezza dell’esposizione, canalizzata in una sorta di disegno puntinista provocato dal pizzicato ricavato allo strumento, dove talvolta ci si avvale di intervento di arco e di leggera scordatura del contrabbasso. C’è dunque anche una trasformazione reale ed interdisciplinare: forse situazioni che passano dalla chimica alla musica (ci si ferma al settimo racconto di Levi che sono tra quelli che ancora non promuovono le vicende più nefaste del deportato) con un’alchemia sonora che può anche fregiarsi di avere un subdolo equivalente pittorico.

Fonte: EttoreGarzia