27/04/2019
L’arcipelago di Simone Di Benedetto – Tracce di jazz
Quando nel mondo di un giovane musicista si agitano tante influenze e suggestioni di diversa provenienza, nasce la curiosità di capire quale direzione prenderà la maturità artistica, verso quali orizzonti saranno dirette le prossime mosse, insomma “dove si andrà a parare”. Curiosità che mi suscitano gli esordi di Simone Di Benedetto, trentenne contrabbassista emiliano con studi ed esperienze classiche alle spalle, un percorso parallelo dedicato al jazz come allievo di Roberto Bonati, Paolino Della Porta ed Ares Tavolazzi, ed un presente popolato da Orchestre sinfoniche, quartetti jazz ed esperienze musicali in campo teatrale. Qualche tempo fa avevamo parlato di “Red and blue”, opera di un quartetto in cui il contrabbasso di Di Benedetto era affiancato dal sax alto e clarinetto di Achille Succi, dal pianoforte di Giulio Stermieri e dalla batteria di Andrea Burani, che spaziava fra richiami ad Ornette Coleman, jazz nord europeo ed accostamenti classici. Nell’arco di pochi mesi ritroviamo il musicista al centro di due incisioni con pochi punti in comune. “In your thoughts” (UR records) del quartetto Archipelagos (Manuel Caliumi al sax alto, Francesco Pollon al piano e fender, Marco Soldà alla batteria e Di Benedetto al contrabbasso), vincitore nel 2018 del primo concorso intitolato a Stefano Cerri, è un raffinato elogio della dimensione melodica del jazz, esplorata nell’arco degli otto brani in scaletta (più una intro ed una outro che riprendono “frammenti di “The big wedra in the sky” presente in forma estesa su “Red and blue”) in diverse combinazioni, costruite su un collettivo in cui le quattro voci strumentali svolgono ruoli paritari. Un’incisione di grande maturità, considerata la giovane età dei musicisti, e meritevole di considerazione ed ascolto attento.
All’’avvio in chiave modale di “Nemesi”, un brano che mette subito in luce le doti strumentali del quartetto, con il disinvolto alto sax di Caliumi ed il lungo break piano/ batteria, fanno seguito diverse composizioni sempre modellate su una definita impronta tematica, con echi attualizzati di quella che una trentina d’anni fa si sarebbe definita fusion, ma in una dimensione totalmente acustica e collettiva. In questa direzione sembrano orientati “From a magic pillow dream” con il fender in evidenza, o “Mr. Mc Fallen waltz”, la spigliata “A smile”, e la più riflessiva title track, mentre una delicata ballad come “Sara”, che ospita intensi solo del contrabbasso e del sax, le influenze classiche di “Sabba” introdotta da un ostinato pianistico, e le meditazioni di “Landscape n.2”, si spingono verso orizzonti meno connotati e più originali . Musica che senza alcuna enfasi o esasperazione, riesce facilmente a guadagnarsi attenzione ed a rimanere nella memoria grazie alla felice vena compositiva, all’estroversa esposizione dei temi, ed alla loro elaborazione in parti soliste sviluppate con ampio spazio alla creatività dei singoli.
In “Depth sounding”(Aut records) , invece, troviamo il contrabbasso di Di Benedetto al centro di una navigazione solitaria condotta a Copenaghen presso l’auditorium dell’Istituto di cultura italiano, nel giugno 2018, con tappe sparse fra jazz, improvvisazione, avanguardia e classica. Il contrabbasso diventa qui narratore di storie (“Root”), creatore di drammatici climax (“Deep elevation”), strumento “sacrificale” strappato, percosso o accarezzato, in 16 miniature al centro delle quali sono collocate le quattro “Reflexionen” del compositore ceco Miloslav Gajdos.
Alla fine la domanda iniziale rimane e, messe insieme le tre incisioni citate, l’impressione è che la cifra stilistica del contrabbassista modenese sia proprio quella dell’ecletticità, un “arcipelago” composto da tante isole, fra le quali è lecito aspettarsi, nel futuro, molteplici viaggi ricchi di interesse.
Fonte: Tracce di jazz